Una fotografia non è la verità ma un’opinione

Richard Avedon, uno dei più grandi fotografi del ’900 è mancato ormai da dieci anni.

Possiamo ricordarlo per i ritratti alle celebrità come Marilyn Monroe, Brigitte Bardot, Sophia Loren o per gli innovativi scatti di moda.

Lavorò per tutti i più importanti magazine come Vogue e Life.

Ma la sua più grande dote era tirare fuori l’anima delle persone scattandone il ritratto.

Nel 1974 espone al museo d’arte moderna di New York con alcuni ritratti di suo padre divorato dal cancro. Le sue sono raccolte di immagini forti, che impressionano il pubblico.

Uno dei più ambiziosi e apprezzati lavori di Richard Avedon è sicuramente la collezione di ritratti intitolata In The American West.

Cinque anni è durato il percorso fatto dal fotografo per testimoniare l’esistenza di una classe operaia nascosta nel cuore del West americano. Si diresse presso le stazioni di servizio degli autotreni, i recinti per il bestiame, camminando tra la folla nelle fiere alla ricerca di volti.

Bambini con il fucile in braccio, donne grasse e spettinate, minatori sporchi, apicoltori e contadini stanchi, loro sono i soggetti.

Pubblicando questi crudi ritratti scatenò lo scalpore della perfetta America degli anni ’80.

Non è stato un piacere confrontarsi faccia a faccia con la parte più oscura e terrena degli USA. Era un periodo di ricchezza, iniziavano ad essere trasmesse le famose sit-com familiari e programmi televisivi contemporanei, alla moda.

Ha scioccato tutti lo spaccato su com’era l’America dietro le copertine.

A caratterizzare anche questa serie sono gli asettici sfondi bianchi che decontestualizzano completamente i soggetti. L’esatto opposto dello stereotipo che la popolazione americana voleva trasmettere al mondo.

Lontano dalle celebrità e dagli ambienti in cui regnava la bellezza, l’artista newyorkese mostra una nuova faccia attraverso questi ritratti.

Nel 1994 in occasione di una sua esposizione il collega McDarrah dichiarò: “C’è qualcosa di estremamente crudele, perfino degenerato, nel mettere in posa un paziente spastico, un agricoltore storpio, un prigioniero sfregiato da lama e monco, un patetico derelitto alcolizzato, tutto per produrre sensazionali ritratti… Questa è une morbosa collezione che esprime le paure interiori e i terrificanti incubi di Avedon”.

Forse dopo vent’anni e con una visione più globale del mondo, oggi possiamo apprezzare diversamente le sue opere.