L’invenzione dell’ombrello e le sue varie modifiche

L’ombrello inteso come parapioggia o riparo dal sole è senza ombra di dubbio l’articolo più usato da tutti. Lo utilizziamo in autunno e in primavera quando nel cielo insistono nuvoloni scuri e pieni d’acqua, ma nella versione maxi, l’ombrello si fa ombrellone per ripararsi dal sole caldissimo e diretto dell’estate.

L’invenzione dell’ombrello

Secondo gli storici la prima forma di ombrello è apparsa in Oriente e quindi in Giappone, Cina e India, anche se non si capisce esattamente a quale epoca risalga. Una cosa è certa comunque, gli ombrelli erano stati creati nell’antichità non come riparo dalla pioggia, ma dal sole. Ecco allora che se vengono intesi sotto questa forma i primi ad essere confezionati furono proprio quelli cinesi nel 1200 a.C.  Seguirono gli Egizi e i Babilonesi, mentre in Estremo Oriente era diventato un simbolo di nobiltà, dato che lo usavano solo i reali e i dignitari. Proseguendo la cronologia dell’invenzione dell’ombrello, ma soprattutto del suo utilizzo, si passa all’Ottocento in cui il parasole faceva parte ormai della moda. In effetti, non era strano a quel tempo accostarlo al cappello o alla borsa a mano.  Era diventato anche un distintivo di emancipazione per la donna perché considerato un accessorio indispensabile per la vita all’aperto. In seguito, si trasformò in parapioggia in età romana, e approdò pure in Italia nel Cinquecento.

Cosa rappresentava

In Cina, l’ombrello era addirittura sacro in quanto associato al culto dell’imperatore e in Giappone ai samurai; mentre in Egitto era concesso solo ai nobili e nella Grecia Antica esclusivamente alle sacerdotesse. Per l’Impero Romano invece era soltanto un vezzo ornamentale di ricche dame. Tuttavia, dopo 15 secoli l’ombrello ritorna sotto forma di utile strumento perché diventò il modo più intelligente per ripararsi dalla pioggia!

Com’è fatto

L’ombrello ha un’asta con impugnatura ricurva e una copertura in tessuto da tenere aperta o ripiegata. La stessa è poi unita a delle stecche che scorrono sull’asta. Oggi non esistono più i graziosi ombrellini di corte con balze e pizzi, e nemmeno gli ombrelli neri e grandi di un passato non troppo lontano. Quelli che usiamo nell’età moderna non sono in stoffa di cotone, ma in plastica o addirittura trasparenti; ce ne sono di piccoli e dalle tante fantasie, con anche un meccanismo automatico di apertura. Mentre l’ombrellone da spiaggia ha la stessa struttura e in Oriente, ancora ai giorni nostri, le donne usano ripararsi dal sole per mantenere la carnagione chiara.

C’è pure un Museo dell’ombrello in Italia e più esattamente a Gignese sul Lago Maggiore, dove viene descritta l’interessante storia di questo antichissimo accessorio. Si dice che gli artigiani dell’Ottocento parlassero in una lingua segreta per tramandare il mestiere di ombrellaio solo a coloro che erano destinati a questo lavoro.